[2], La sala del Capitolo è la sala del convento che meglio si è conservata ed è una delle più rilevanti tra quelle edificate nei lavori di ampliamento avviati da Tommaso Ruffo sul finire del XVII secolo. E' il Gesù Morto sorretto da un angelo tra la Madonna e Giovanni l'Evangelista. Le prime testimonianze sulla chiesa di San Domenico e sulla sua fondazione risalgono per mano degli storiografi siciliani al XVII secolo. MDXV.”, chiesa della Confraternita del Santissimo Sacramento, Trionfo della fede sull'eresia ad opera dei Domenicani, Divisione di Paleopatologia dell'Università di Pisa, altare marmoreo di Santa Maria della Neve, Università degli Studi di Napoli Federico II, Memorie di tre celebri principesse della famiglia Gonzaga, Parma, 1787, disposizione fonica dell'organo della chiesa, https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Basilica_di_San_Domenico_Maggiore&oldid=117647720, Collegamento interprogetto a Wikibooks presente ma assente su Wikidata, Voci non biografiche con codici di controllo di autorità, licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo, Cappella Carafa di Santa Severina (o di San Martino), Cappella Carafa della Stadera (o di San Domenico Soriano), Cappella Guevara di Bovino (sottostante l'abside), Cappella Carafa di Montorio (o del Rosario), Cappella di Santo Stefano o dell'Immacolata, Cappella Carafa della Spina (o di San Bartolomeo), Cappella Carafa della Stadera (o di San Giovanni Evangelista), A cura della direzione centrale per l'amministrazione del Fondo Edifici di Culto, Catalogo mostra. Proprio in sostituzione della tela del Merisi, nel 1675 fu posta sull'altare un'opera lignea conosciuta come Madonna di Zi' Andrea, che poi ha dato il nome alla cappella. Line: 315 Nella sala accanto invece sono infine arredi sacri, la scrivania e la sedia utilizzata dal santo, alcuni libri storici e una pagina di un'opera scritta di pugno da san Tommaso. Nella cappella, già di San Antonio Abate, oltre alla tela che raffigura il santo (attribuita per un certo tempo erroneamente a Giotto) è alle pareti laterali un Battesimo di Cristo del senese Marco Pino del 1564. con evidenti influssi michelangioleschi, e un'Ascensione del fiammingo Teodoro d'Errico. [1], Il soffitto a capriate originario fu sostituito nel 1670 da quello a cassettoni e dorature, di gusto barocco; al centro è lo stemma domenicano mentre agli angoli sono collocati stemmi vicereali. [2] Già nel Cinquecento la raccolta possedeva importanti testi come quattro scritti di Giovanni Pontano (donati dalla stessa nipote dell'umanista), opere di Senofonte e Aristotele, il De arte amandi di Ovidio, le Epistole di Seneca, testi di Cicerone ed altre ancora. 27-mar-2020 - Cappella brancaccio, affreschi di pietro cavallini (1308-09 ca.) Il monumento scultoreo ad Ettore Carafa, posto sulla parete di destra, fu disegnato da Domenico Antonio Vaccaro ed eseguito da Francesco Pagano nel 1738. Nel grande refettorio oggi sostanzialmente rimangono dell'antico ambiente i due affreschi posti nelle pareti di fondo. La cappella di san Domenico Soriano è la prima a destra dell'abside. E' il Gesù Morto sorretto da un angelo tra la Madonna e Giovanni l'Evangelista. La cappella degli affreschi (o Brancaccio) è una cappella della chiesa di San Domenico Maggiore di Napoli affrescata da Pietro Cavallini nel 1308 circa. Questa serie di mummie è unica in Italia, non solo per l’antichità e per l’ottimo stato di conservazione dei corpi, ma anche perché si tratta di personaggi storici di primaria importanza, tra i quali spiccano i re Ferrante I e II d'Aragona, Isabella d'Aragona, duchessa di Milano e Fernando Francesco d'Avalos, capitano generale delle truppe di Carlo V e vincitore nel 1525 della battaglia di Pavia, contro il re Francesco I di Francia. Voluta da Carlo II d’Angio ‘ ed eretta tra il 1283 ed il 1324 divenne la casa madre dei domenicani nel regno di Napoli e chiesa della nobilta’ aragonese . Una volta entrati nell'edificio, il primo ambiente visibile a destra è l'antica sala in cui insegnava San Tommaso, oggi utilizzata ancora per alcune lezioni di teologia, caratterizzata dalla conservazione di diversi libri storici, da un pregevole pavimento maiolicato e da un affresco di Michele Ragolia nella facciata. Voluta da Carlo II d'Angiò ed eretta tra il 1283 e il 1324, divenne la casa madre dei domenicani[1] nel regno di Napoli e chiesa della nobiltà aragonese. La stanza di san Tommaso d'Aquino, il cui ingresso monumentale è caratterizzano da un mezzo busto raffigurante San Tommaso, opera di Matteo Bottiglieri,[3] è formata da soli due ambienti, dentro i quali il santo viveva la sua vita conventuale, eseguiva i suoi ricevimenti con gli studenti e svolgeva i suoi studi liturgici: queste funzioni le fece nell'ultimo periodo della sua vita, tra il 1272 ed il 1273. La biblioteca di san Domenico (chiamata all'epoca Libraria di san Domenico) fu considerata fin dal XV secolo una tra le più importanti biblioteche di Napoli, grazie soprattutto a donazioni ed acquisizioni di privati o dei frati domenicani del convento stesso. Fu voluta da Carlo II d'Angiò ed eretta, inizialmente in stile gotico, tra il 1283 e il 1324, divenne la casa madre dei domenicani nel regno di Napoli e chiesa della nobiltà aragonese. Nel corso dei secoli importanti personalità hanno avuto legami con il complesso; vi insegnò infatti san Tommaso d'Aquino, la cui cella è tutt'oggi visitabile nell'edificio,[3] mentre tra gli alunni illustri si ricordano su tutti i filosofi Giovanni Pontano, Giordano Bruno[3] e Tommaso Campanella.[2]. Function: _error_handler, File: /home/ah0ejbmyowku/public_html/application/views/user/popup_harry_book.php Ulteriori danni furono subiti dal complesso durante il periodo della soppressione degli ordini religiosi, quando i padri domenicani dovettero nuovamente abbandonare il convento (1865-1885) a causa di alcuni riadattamenti discutibili che si intese dare alle strutture (palestre, istituti scolastici, ricovero per mendicanti e sede del tribunale). Il lato interno dell'arco presenta invece un'iscrizione che testimonia la munificenza di Carlo II d'Angiò nei confronti dei frati; lo stesso sovrano è raffigurato in una statuetta di marmo posta in una nicchia nello stesso cortile, dov'è anche l'accesso alla chiesa della Confraternita del Santissimo Sacramento. I monumenti funebri databili al XIV secolo sono dedicati alle mogli di Ludovico e Carlo Dentice, Dialta Firrao e Feliciana Gallucci. Il complesso fu la casa madre dei domenicani e della nobiltà aragonese. [9], La settima ed ultima cappella della navata destra è quella di san Tommaso d'Aquino. La prima cappella della navata destra è dedicata a Santa Maria Maddalena[8]. Il transetto destro vede l'apertura di quattro cappelle, due sulla parete frontale e due in quella presbiteriale al lato dell'abside. Contiene uno dei più vasti cicli di affreschi di tutta la città, realizzato da Domenico Ghirlandaio e bottega dal 1485 al 1490. [9] Sul lato sinistro del cappellone, oltre al sepolcro di Francesca Carafa, opera del Malvito, si aprono infine due cappelle finemente decorate con affreschi e monumenti funebri rinascimentali e dov'è collocato in una di queste il pregevole presepe con statue del primo decennio del Cinquecento eseguite da Pietro Belverte. [6] Già nel 1675, però, l'opera in questione subì degli spostamenti in altre cappelle della basilica, fino ad essere esposta nel museo di Capodimonte. Nella parete frontale la prima cappella è quella di San Giacinto, la quale ospita una tavola tardo cinquecentesca sull'altare della Madonna che appare a san Giacinto di Giovanni Vincenzo da Forlì con attorno tavolette ritraenti Storie della vita di san Giacinto. Su lato destro invece sono collocate due cappelle, la prima di San Bonito, la seconda di San Domenico. L'opera è di Pietro Ceraso e vedeva tra le braccia della Madonna anche la figura del Bambino, trafugato quest'ultimo nel 1977. » LA SCOPERTA DELL’ORIGINE GOTICA DI SAN DOMENICO MAGGIORE . Altre opere pittoriche e scultoree sono presenti nella cappella, tra cui un San Domenico di Giovanni Filippo Criscuolo[7] e sculture marmoree raffiguranti elementi decorativi e lo stemma della famiglia, nonché un crocifisso ligneo settecentesco posto sull'altare. File; ... Cappella degli affreschi (San Domenico Maggiore) Structured data. L’opera faceva parte di una collezione custodita presso il museo “DOMA” della Basilica di San Domenico Maggiore, nel cuore del centro antico di Napoli. L'ingresso principale alla basilica è invece rivolto a nord e vi si giunge attraverso un ampio cortile posto sul vico San Domenico, sulla cui parte alta dell'arco esterno di accesso allo spazio aperto è collocato in una lunetta un affresco raffigurante La Vergine che offre lo scapolare domenicano al beato Reginaldo della scuola di Pompeo Landulfo, pittore vissuto nella seconda metà del XV secolo. Questa pagina è stata modificata per l'ultima volta il 31 dic 2020 alle 11:18. Sull'altare sono presenti due pitture di scuola napoletana quali il San Giuseppe incoronato dal Bambino Gesù retto dalla Vergine di Luca Giordano e più in alto l'Eterno Padre di Belisario Corenzio. Sulle pareti laterali, in sostituzione a due dipinti di Michele Ragolia del 1680 andati persi durante i lavori di restauro del XVIII secolo, sono posti due grandi affreschi ottocenteschi di Michele De Napoli raffiguranti San Tommaso tra i dottori e San Domenico che disputa con gli eretici. Nel cuore del centro storico di Napoli, ai margini tra i decumani e la città greca, maestosamente si apre Piazza San Domenico Maggiore. Sulla parete frontale sono ripresi in alto, ai lati della bifora, due figure di Profeti mentre nella fascia centrale e inferiore sono le Storie su Sant'Andrea. In particolare consiglio di soffermarvi a guardare la cappella degli affreschi, la quale presenta degli affreschi ben conservati risalenti al periodo del 1300 circa. Il monumento consta di una mensa d’altare, con bassorilievo del Cristo, il quale risorge per metà figura con le braccia aperte[18], una fascia marmorea con iscrizione funebre del patrizio di Nido Michele Riccio (m. 1515[19]), incorniciata tra due stemmi nobiliari, indi il prima citato bassorilievo di San Girolamo nel deserto, e una lunetta, recante un'annunciazione alla Vergine[20]. Questi elementi provengono dallo smembrato monumento funebre di Filippo d'Angiò di Tino di Camaino. Altri elementi decorativi nella cappella raffigurano gli stemmi delle famiglie Dentice e Firrao, lastre tombali trecentesche, un tombino sepolcrale del 1564 di Carlo Dentice e Giovanna della Tolfa e un'Adorazione dei pastori di Matthias Stomer. Coordinate: 40°50′55.43″N 14°15′15.87″E / 40.848731°N 14.254407°E40.848731; 14.254407. La cappella è appartenuta ai Carafa Santa Severina e presenta diversi elementi decorativi marmorei, alcuni dei quali che raffigurano lo stemma della famiglia Carafa, altri che rappresentano trofei militari, elementi vegetali ed altri celebranti le virtù della nobile famiglia partenopea, in particolare di Andrea, luogotenente di Carlo V e di fatto anche il committente dell'arco rinascimentale che dà accesso alla cappella, questo scolpito dagli sculturi toscani Romolo Balsimelli da Settignano e Andrea Ferrucci. Line: 192 Il ciclo di affreschi è caratterizzato da elementi tipici della pittura cavalliniana, come la solida volumetria delle figure e il plasticismo delle vesti e delle architetture, che parlano un linguaggio pittorico giottesco; i personaggi presentano volti dalla forte espressività e posti in grande figura in primo piano, alle cui spalle sono poi le grandi architetture che fanno da sfondo alle scene narrative. [6], San Tommaso d'Aquino e Giordano Bruno, il legame che ebbero col convento fu cruciale per la loro formazione filosofica, Facciata sulla piazza: l'ingresso conduce alla zona presbiteriale della basilica, Facciata sul cortile: l'ingresso conduce alla navata mediana della basilica, Testimonianza di ciò una scultura gotica in pietra ancora visibile sulla via San Sebastiano che in principio decorava il chiostro grande inglobato poi dal liceo Casanova, Riportiamo l’elencazione delle cappelle gentilizie esistenti nel, Napoli: piazza S. Domenico Maggiore, crocevia di arte, fede e mistero, Le mummie aragonesi in San Domenico Maggiore di NapoliI, Da Stato e Regione 8 milioni di euro per San Domenico, Padre Raffaele Maria Valle/ Benedetto Minichini, “Descrizione storica, artistica, letteraria della chiesa, del, “MICHAELI RICCIO CIVILIS – PONTIFICIIQ. Durante i rifacimenti rinascimentali della chiesa, o comunque successivi alla sua edificazione, il ciclo della cappella così come probabilmente anche altri presenti nella chiesa furono coperti o cancellati del tutto; questo della cappella Brancaccio è infatti stato rinvenuto solo nel 1953, dopo un restauro fatto dalla Sopraintendenza che ha interessato tutta la chiesa. From Wikimedia Commons, the free media repository. La facciata della Basilica di San Domenico Maggiore aveva in origine tre porte, una per ogni navata. È di fatto l'unica cappella della chiesa che conserva un ciclo di affreschi risalente all'epoca angioina, quindi al periodo di edificazione del complesso religioso. San Domenico Maggiore di Pina Catino. [2], I refettori, uno grande e uno piccolo, vennero eretti tra il 1668 ed il 1672 durante i lavori di ampliamento e ristrutturazione avviati su volontà di Tommaso Ruffo, duca di Bagnara, sugli spazi che occupava prima l'infermeria. La Basilica “San Domenico Maggiore” – Napoli Risale, come il Duomo e Santa Chiara, al tardo Medioevo. Cappella degli affreschi (San Domenico Maggiore) Metadata This file contains additional information such as Exif metadata which may have been added by the digital camera, scanner, or software program used to create or digitize it.
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