italia prima della prima guerra mondiale

I segretari in entrambe le strutture godevano di larga autonomia nella scelta dei collaboratori, che venivano reclutati su base volontaristica e senza preclusioni di classe. Era infatti molto difficile, forse inutile, parlare di patria in astratto a fanti semianalfabeti, mentre molto più facile e produttivo fu rappresentare con spettacoli e immagini l'idea del nemico da combattere e sconfiggere, offrendo un codice di lettura accessibile e adeguato all'esperienza in corso[111]. I: "Le relazioni europee dal Congresso di Berlino all'attentato di Sarajevo", vol. Il grado di sviluppo economico raggiunto dai belligeranti permetteva loro di mettere in campo grandi masse di uomini, dotate di mezzi di elevata potenza distruttiva e riproducibili industrialmente su vasta scala senza grosse differenze qualitative tra un esercito e l'altro; al tempo stesso, tuttavia, la motorizzazione era solo agli inizi e questo rendeva difficile spostare celermente truppe e artiglieria sul campo di battaglia: gli eserciti si ritrovavano così ammassati in spazi ristretti, vulnerabili al devastante fuoco dell'artiglieria e delle mitragliatrici. La prigionia veniva descritta in modo tetro, con il duplice intendo di attizzare l'odio verso il nemico, cercando di distogliere i soldati da ogni tentazione della resa, facendo passare il messaggio che la resa è un atto disonorevole che avrebbe inoltre peggiorato le condizioni di vita e aumentato le sofferenze. Quando l'Italia entrò in guerra nel maggio 1915, il conflitto infuriava già da quasi dieci mesi: entrati in azione sulla base di piani preordinati che prevedevano grandi movimenti di truppe e manovre avvolgenti e risolutive, gli eserciti contrapposti si erano ben presto ritrovati invischiati in una sanguinosa guerra d'attrito caratterizzata da un fronte continuo e ininterrotto di linee trincerate, che rendeva impossibile qualunque aggiramento e obbligava a continui assalti frontali[91]. Nel campo dei mezzi blindati, che proprio durante il conflitto conobbero un loro primo sviluppo, l'Italia entrò in guerra con in dotazione alcune decine di autoblindo dei modelli Bianchi e Lancia 1Z: inizialmente, il terreno montuoso del fronte e la scarsa considerazione dei comandi per questi mezzi fecero sì che fossero impiegati solo in compiti di retrovia e di mantenimento dell'ordine pubblico, ma dopo la rotta di Caporetto le pianure del Veneto e del Friuli si dimostrarono una zona più adatta al loro utilizzo e le autoblindo furono impegnate con successo nel corso della battaglia del Solstizio e dell'inseguimento dell'esercito astro-ungarico dopo la rotta di Vittorio Veneto[67]. Nell'atmosfera di «finanza facile» determinatasi durante la guerra, accadde spesso che gli ufficiali preposti alla sorveglianza negli stabilimenti svolgessero di fatto un'azione di mediazione tra gli operai e i datori di lavoro, e tra questi e le amministrazioni militari, determinando aumenti di retribuzione e di prezzi, pur di evitare incidenti e proteste che causassero la diminuzione della produzione[156]. Da questa considerazione egli elencava le molte carenze tecniche che affliggevano le forze armate, ma già dal 1913 il generale si lamentò dell'addestramento delle truppe e della preparazione alla guerra, ritenuto insufficiente e lacunoso di buoni sottufficiali. Un'altra forma di mobilitazione politica fu il dibattito pubblicistico, dove l'agitazione verbale della carta stampata si sposta sulle piazze, nei teatri e nelle sale di conferenza. Le fonti a proposito non mancano, soprattutto per quanto riguarda i resoconti e i documenti scritti e iconografici conservati negli archivi viennesi, che furono utilizzati dagli studiosi austriaci per ripercorrere le fasi finali, l'amministrazione militare e le condizioni delle truppe austro-ungariche sul fronte italiano. Al loro rientro in patria i prigionieri incontrarono il totale disinteresse sia dalla stampa che dalle istituzioni: la prigionia divenne qualcosa di poco onorevole, di sospetto, da rimuovere e dimenticare. I due comandanti supremi contrapposti, l'ammiraglio Paolo Thaon di Revel e l'ammiraglio Anton Haus (in seguito rimpiazzato da Maximilian Njegovan e quindi da Miklós Horthy) non vollero infatti rischiare le grandi corazzate in acque ristrette, puntando invece su rapidi attacchi, sul blocco dei principali scali e sulla strategia della "flotta in potenza"; un'impostazione a cui si attennero in particolare gli austro-ungarici. Seppur maggiori in termini numerici agli interventisti, i neutralisti non avevano dalla loro parte gli organi e le istituzioni politiche che potevano smuovere le masse. Il 1º settembre Cadorna diramò le direttive fondamentali sull'impiego iniziale delle forze in caso di guerra, tenuto conto del potenziamento al parco delle artiglierie che era stato avviato. Come furono milioni gli uomini mobilitati, furono milioni anche i prigionieri deportati nei territori europei e sottoposti alla reclusione per mesi e anni. E la disfatta di Caporetto suggellò questa riprovazione. Fu proprio questo fervore nazionalistico che il 28 giugno 1914 sfociò nell'attentato di Sarajevo, e provocò la successiva crisi diplomatica, che portò allo scoppio del conflitto che avrebbe insanguinato l'Europa per i quattro anni successivi[6]. Ma forse la vicenda più rappresentativa delle divisioni interne dei socialisti, fu la fuoriuscita del direttore dell'Avanti! Tra il 23 giugno e il 5 dicembre 1915 Cadorna sferrò quattro distinte offensive contro le difese austro-ungariche dell'Isonzo, attestate a difesa di Gorizia lungo una linea tra le vette del monte Sabotino e del Podgora, subendo pesantissime perdite (62.000 morti e 170.000 feriti) a fronte di guadagni territoriali insignificanti[76]; i contemporanei attacchi della 4ª Armata sulle Dolomiti non ebbero miglior successo, con violenti scontri in uno scenario di alta montagna in mezzo a ghiacciai e quote mediamente superiori ai 2.000 metri di altitudine (la cosiddetta "Guerra Bianca"). Oltre ai morti e alle distruzioni, si aggiungevano dunque le difficoltà economiche, che generarono ovunque … Essi infatti ottenevano piuttosto facilmente l'esonero, e costituivano la massa più corposa degli "imboscati"[153]. La violenza sui prigionieri, le punizioni corporali, le forme di sopraffazione e gli abusi (esasperati talvolta da fattori etnici), erano spesso una conseguenza degli effetti della complessa organizzazione dei campi, piuttosto che frutto di odio o volontà punitiva. La situazione rimase stazionaria per gran parte del conflitto, con un contingente italiano (arrivato a contare, al suo massimo, circa 100.000 uomini) padrone di Valona e del sud dell'Albania in congiunzione con il fronte stabilito dagli Alleati davanti Salonicco e nel sud della Macedonia; solo tra il luglio e il settembre 1918 le forze italiane passarono all'offensiva e, dopo duri scontri nel settore del monte Tomorr, ruppero il fronte austro-ungarico avanzando nell'interno dell'Albania: il 14 ottobre le unità italiane fecero il loro ingresso a Durazzo mentre il 15 ottobre fu occupata Tirana. La Prima Guerra Mondiale è dunque, in un certo senso uno stimolo per l’industrializzazione, specie in paesi che erano rimasti indietro, come l’Italia. Venne intensificata l'estrazione nazionale di lignite a basso potere calorifico, disboscando intere montagne; venne ridotta l'erogazione di gas nelle città; venivano soppressi moltissimi treni, mentre 25.000 vagoni ferroviari vennero richiesti per trasportare dalla Francia il carbone che non poteva arrivare via mare; per il trasporto di grano da Genova ai mulini nei dintorni della città, venivano usati i tram della rete urbana durante le ore notturne[141]. Mobilitazione che a causa delle caratteristiche geografiche e della struttura ferroviaria della penisola e della rigida costituzione dell'ordinamento militare italiano non era suscettibile di modifiche e che in sostanza venne quindi decisa fin da quel momento. Gli austro-ungarici svilupparono la tattica di lasciare in prima linea durante il bombardamento preparatorio solo un piccolo numero di vedette, tenendo il resto delle truppe al sicuro nei rifugi sotterranei della seconda linea; quando il bombardamento italiano cessava, gli austro-ungarici facevano affluire rapidamente i rinforzi alla prima linea tramite camminamenti protetti[103]. In teoria, il potere dell'imperatore era assoluto, ma di solito governava alla maniera di un monarca costituzionale, basandosi sui consigli dei suoi ministri. Tutto il discorso fu pieno di riferimenti mistici, riprendendo la simbologia classica e cristiana, con continue allusioni al fuoco sacro simbolo di rigenerazione, di ardore guerresco e di eroismo, di fusione tra la vita e la morte[36]. Scoppiarono quindi le guerre balcaniche del 1912 e 1913 faticosamente placate dall'intervento austriaco[5]. Al fronte di parlava di un'Italia in cui «ci si divertiva a rotta di collo», piena di «caffè, teatri, balli, vergini di fregola, bagasce, ruffiani, pescicani e imboscati», e dove «le fabbriche di automobili non sapevano più come soddisfare le esigenze dei privati»[151]. Di ciò si resero conto le principali potenze dell'Intesa, che conclusero accordi con gli Imperi centrali - interessati ad alleggerire la pressione delle esigenze alimentari - per lo svolgimento di tale compito. Spossati dai continui e inconcludenti assalti, i reparti italiani dovettero subire un'improvvisa controffensiva austro-tedesca nel settore di Caporetto tra il 24 ottobre e il 9 novembre 1917: sfruttando le nuove tattiche di infiltrazione messe a punto dai tedeschi, i reparti degli Imperi centrali forzarono i punti deboli dello schieramento della 2ª Armata sul medio Isonzo aggirandone i capisaldi e spargendo il panico nelle retrovie; l'intera porzione orientale del fronte crollò mentre i reparti italiani davano vita a una confusa ritirata prima sul corso del fiume Tagliamento e poi fino alla riva meridionale del Piave, dove le armate riuscirono infine a riattestarsi. Rocco invocava la guerra non solo per disegnare una politica estera di espansione territoriale, commerciale e militare, ma la utilizza anche in una prospettiva strategica di ricomposizione di un vasto blocco sociale e politico impensabile senza le masse confessionali e il potenziale disciplinamento insito nella storia, nei simboli e nella cultura della Chiesa cattolica e dei suoi fedeli[32]. Il contingente italiano fu impegnato nell'offensiva di primavera tedesca del marzo-agosto 1918, subendo dure perdite nel corso della seconda battaglia della Marna, per poi prendere parte alla grande controffensiva degli Alleati (l'offensiva dei cento giorni) per poi concludere le operazioni come truppe di occupazione nella Saar[88]. Il governo di Vienna non aveva minimamente ragguagliato Roma durante la fase di preparazione del durissimo ultimatum che aveva presentato, onde evitare le facilmente prevedibili reazioni negative; e nel tentativo di impedire qualunque forma di protesta formale, la scadenza dell'ultimatum stesso venne prefissata alle ore 17 del giorno successivo. La prima guerra mondiale aveva lasciato l’Europa stremata per lo sforzo compiuto e pesantemente indebitata, in particolare con gli Stati Uniti. Fu una sfida aperta al Parlamento, in linea con le pressioni eversive della piazza. Portavoce di alto prestigio di questi valori fu Gaetano Salvemini, storico della rivoluzione francese, indipendente di sinistra e critico intransigente di Giolitti - «ministro della mala vita» - e delle capacità riformatrici del Partito socialista; il direttore de L'Unità non fu un convertito dell'ultima ora, ma fu fin dal principio ancorato ai suoi ideali di interventista democratico, patriota italiano e cittadino dell'Europa delle nazioni. L'artiglieria pesante era in grado di demolire gli sbarramenti di filo spinato, ma se il bombardamento non era stato efficace i soldati dovevano aprirsi un varco con cesoie o tubi di gelatina esplosiva, un compito pericolosissimo (non a caso i reparti incaricati di ciò erano ribattezzati "compagnie della morte") e che di solito produceva solo modesti passaggi dove gli uomini si ammassavano divenendo facili bersagli per le mitragliatrici nemiche[101]. I neutralisti avrebbero potuto votare per la sfiducia al governo, e il candidato più probabile alla successione era per forza di cose lo stesso Giolitti, che da abile manovratore avrebbe aperto all'ala socialista tenendo in mano le redini del governo. http://www.storiainpoltrona.com/la-corazzata-leonardo-da-vinci/, I lanciafiamme nella prima guerra mondiale, Lista dei mezzi e del materiale utilizzati dal Regio Esercito - Lancia 1Z, La prima guerra mondiale: il fronte italo-austriaco. Per questo motivo vennero delegati ai comitati per la mobilitazione industriale una serie di compiti che andavano dalla scelta dei materiali da produrre, all'acquisto delle materie prime in Italia e all'estero e la loro assegnazione alle aziende, alla stipulazione di commesse e alla gestione della manodopera (orari, salari, sicurezza, preparazione professionale, assistenza e previdenza)[134]. Il 30 ottobre i reparti italiani entrarono a Vittorio Veneto, punto di giunzione delle armate austro-ungariche schierate sul Piave, mentre Borojević ordinava una ritirata generale lungo tutto il fronte: stremate dalla scarsità di viveri ed equipaggiamenti e in preda a forti divisioni dettate dalle istanze nazionaliste delle varie etnie contro le autorità centrali, le forze austro-ungariche si disgregarono lasciando migliaia di prigionieri in mano agli Alleati avanzati. La Triplice Alleanza, con l'azione messa in atto dall'Austria-Ungheria senza intesa preventiva con l'Italia e anzi, tenendola deliberatamente all'oscuro, era stata violata non solo nello spirito ma anche nella pratica[9]. FACEBOOK: https://www.facebook.com/irodavlas/TELEGRAM: https://t.me/AvlasTelegram***ERRORI***Nei commenti mi avete fatto notare qualche errore, cerco di … Fu un interventismo composito e quindi equivoco. Vol.10: L'Italia di Giolitti 1900-1920, Soldati e ufficiali - L'esercito italiano dal Risorgimento a oggi, Storia della grande guerra sul fronte italiano, Gli eserciti balcanici nella prima guerra mondiale, l'alleanza fra la Germania e gli Asburgo, all'Italia, Ordinamento del Regio Esercito nella prima guerra mondiale, Naviglio militare italiano della prima guerra mondiale, Corpo di spedizione italiano in Macedonia, Operazioni navali nel mare Adriatico (1914-1918), contatti tra i soldati e le loro famiglie, 21 FEBBRAIO 1917: “COLPO DI ZURIGO” | Il dito nell'occhio, Il "Colpo di Zurigo", quando i migliori 007 erano italiani - IlGiornale.it, Alimentazione durante la prima guerra mondiale in Italia, Prigionieri di guerra tedeschi negli Stati Uniti d'America, Cronologia del periodo rivoluzionario durante la Grande Guerra, Cronologia dell'Europa orientale dopo la Grande Guerra, Rappresentanze diplomatiche estere in Italia, https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Italia_nella_prima_guerra_mondiale&oldid=118504824, Errori del modulo citazione - citazioni con URL nudi, Voci con modulo citazione e parametro pagina, Voci con modulo citazione e parametro coautore, licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. In questo documento venne quindi deciso che il principale sforzo doveva essere diretto verso la frontiera aperta del Friuli, puntando verso Gorizia e Trieste, senza però escludere una parziale invasione del Trentino, incentrando però questa parte del fronte ad un ruolo difensivo a causa delle difficoltà logistiche dell'alta montagna e alla mancanza di un numero sufficiente di armi d'assedio che non avrebbe consentito di espugnare i sistemi fortificati esistenti[46]. Il quarto referente politico dei neutralisti - il primo a diluirsi man mano che il governo rende decifrabili le sue propensioni - è il variegato mondo dei conservatori: il notabilato, la destra liberale, gli agrari e gli uomini d'ordine, che trovarono in Salandra il loro uomo, i quali stettero a guardare ragionando in termini di convenienza, e che alla fine si schierarono a favore dell'intervento a fianco dell'Intesa[15]. Solamente con il governo Boselli furono istituiti due ministeri senza portafoglio, uno per la propaganda, affidato al senatore liberal-nazionale Vittorio Scialoja (che poi ridusse le sue responsabilità alla sola propaganda all'estero), ed uno per l'assistenza civile, affidato all'interventista repubblicano Ubaldo Comandini. Benedetto Croce prese fin da subito le distanze dai «rissosi e petulanti frutti di un'ideologizzazione del conflitto» che il filosofo, nelle pagina del La Critica, cercò invece di razionalizzare come involgarimento dei tempi e anche a comprendere quale espressione di emozioni collettive e amplificazioni propagandistiche. Con una raccolta di lettere inedite[131]. Dopo un lungo periodo di stasi e riorganizzazione, il 15 giugno 1918 i reparti austro-ungarici tentarono un'offensiva risolutiva attaccando sia a ovest il massiccio del monte Grappa che al centro la linea italiana sul Piave, dando avvio alla battaglia del Solstizio: le truppe italiane ressero all'urto, e per il 22 giugno l'azione si concluse con la ritirata delle forze austro-ungariche[81]. I comandi militari si preoccuparono di mantenere la disciplina attraverso la repressione già prima dell'inizio delle operazioni. Tutto ciò fu rappresentato alla perfezione da D'Annunzio, il quale entrava in rotta di collisione con la vecchia Italia, prudente e appartata, che la classe dirigente liberale aveva forgiato e che ora sembrava attardarsi colpevolmente di fronte alla guerra[37]. Ma in questi dieci mesi fu la politica a farla da padrone, chiamando in causa il popolo e la nazione nel richiamo al patriottismo, e forzando o surrogando le istituzioni. Oltre a incrementare enormemente la produzione di artiglieria e mitragliatrici, l'industria italiana iniziò a fornire alle truppe anche nuove armi: le prime bombe a mano furono distribuite alla fine del 1915, e gli esemplari più diffusi furono la SIPE e due modelli importati dalla Francia, la Excelsior-Thévenot P2 e il Petardo Thévenot[62]; all'inizio del 1916 furono invece consegnati i primi esemplari di una bombarda capace di sparare grossi proiettili in calibro 400 mm dotati di alette, un'ottima arma per demolire i reticolati di filo spinato rimanendo al riparo delle proprie trincee[63]. Il Fascismo poi non fece altro che consolidare quanto già avvenuto, cancellando la prigionia dalla memoria della guerra, e solo nel 1993 questi fatti ebbero la giusta considerazione grazie alla pubblicazione del volume di Giovanna Procacci Soldati e prigionieri italiani nella grande guerra. L'importazione primaria di questo combustibile, che nell'immediato anteguerra aveva sfiorato il milione di tonnellate mensili, era scesa a 720.000 tonnellate nel secondo semestre del 1916 e si mantenne attorno alle 420.000 tonnellate per tutto il 1917. Ma Salvemini non fu l'espressione di un'opinione prevalente non insita dalle opposte correnti di opinione. A questo si unirono poi i richiami agli uomini mandati in licenza dello Stato Maggiore, che oltre ad imporre ai soldati di non rivelare nulla di quanto accadeva al fronte, proibì, per mezzo dei carabinieri, l'ingresso nei caffè e le passeggiate con la ragazza al braccio ai soldati. Gli studi in materia hanno evidenziato la componente repressiva, incoraggiata da Cadorna, resa evidente dalla drammatica documentazione dei processi e delle fucilazioni. Le prime battaglie sull'Isonzo misero ben presto in luce l'infondatezza di tale dottrina tattica. La partecipazione dell'Italia alla prima guerra mondiale ebbe inizio il 24 maggio 1915, circa dieci mesi dopo l'avvio del conflitto, durante i quali il paese conobbe grandi mutamenti politici, con la rottura degli equilibri giolittiani e l'affermazione di un quadro politico rivolto a mire espansionistiche, legate al fervore patriottico e a ideali risorgimentali. La voce di Benedetto Croce fu ugualmente rappresentativa a quella dello storico pugliese, anzi, scrivendo sulla sua rivista culturale La Critica, Croce ebbe maggior diffusione nel mondo dell'alta cultura, delle istituzioni e nell'area della classe dirigente liberale e del centro-destra. La vera coppia è quella madre-figlio, mentre la coppia moglie-marito viene ridotta e assorbita dall'universo della famiglia. In un tumultuoso precipitare degli eventi, nel 1861 nacque il Regno d'Italia, proprio mentre nasceva la Germania unita sotto l'Impero degli Hohenzollern, ed emergevano nuove potenze quali Stati Uniti d'America e Giappone. Non è facile però ricostruire le cifre della complessa fenomenologia di protesta e di dissociazione alla guerra in seno alle forze armate. Nel 1919 fu condotta un'inchiesta ufficiale sul comportamento dell'esercito occupante basata sulla raccolta di rapporti, testimonianze di parroci, amministratori, persone autorevoli che l'avevano vissuta. La firma dei trattati di pace finali portò a un rigetto delle condizioni a suo tempo fissate nel Patto di Londra e a una serie di contese sulla fissazione dei confini settentrionali del paese, innescando una grave crisi politica interna sfociata nella cosiddetta "Impresa di Fiume", cui si sommarono i rivolgimenti economici e sociali del biennio rosso; questi fattori gettarono poi le basi per il successivo avvento del regime fascista. Per quanto riguarda i rifiuti e la protesta collettiva, questi fenomeni nacquero sempre in reparti di fanteria a riposo nelle immediate retrovie del fronte; gli undici casi documentati (tre nel 1916 e otto nel 1917) riguardarono tutti reparti che ricevuto l'ordine di tornare al fronte e, col favore della notte, protestarono vivacemente all'interno dell'accampamento sparando in aria. La situazione alimentare degli imperi centrali era gravemente compromessa e una circolare dell'esercito dichiarò in modo esplicito che le truppe in Italia non avrebbero ricevuto alcun tipo di assistenza dalla madrepatria[180]. Inizialmente il Regno d'Italia si mantenne neutrale e parallelamente alcuni esponenti del governo iniziarono trattative diplomatiche con entrambe le forze in campo, che si conclusero con la sigla di un patto segreto con le potenze della Triplice intesa.

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